1) Il pensiero filosofico di Ernest Ansermet (Vevey 1883 – Ginevra 1969) è stato per lungo tempo ignorato e solo di recente i suoi scritti di filosofia della musica stanno ricevendo maggiori attenzioni. Nelle sue opere ci si trova di fronte a un insieme filosofico definito e delineato, anche se magmaticamente cangiante e non esente da zone d’ombra. Si tratta di un pensiero complicato che utilizza continue negazioni, aggravato da un uso della lingua intricato. Non è, dunque, un pensiero lineare, ma un pensiero che si muove per agglomerati, simili (forse) alle costellazioni adorniane.
Ansermet ci ha lasciato diversi scritti, tra i quali il più dettagliato e completo è il vastissimo saggio Les fondements de la musique dans la conscience humaine. Sin dalla Prefazione alla prima edizione è inequivocabilmente chiaro che il background filosofico è la fenomenologia husserliana (“Quest’opera è il risultato di un lungo studio fenomenologico della musica”).
2) Ansermet utilizza il secondo grado del metodo fenomenologico husserliano, cioè l’indagine eidetica, che lo porta a fondare un’ontologia regionale, appunto l’ontologia regionale della musica, che ha, però, anche un ruolo globale e rivelativo della coscienza dell’uomo. Questa è la ragione che porta Ansermet ad allargare la sua riflessione a ventaglio, sino a comprendere in essa matematica, filosofia, religione, storia ecc., e delineare “tutta una filosofia e una metafisica”.
Nella prima parte del saggio Les fondements Ansermet inizia inquadrando la “coscienza uditiva” nel suo “orizzonte auditivo”; passa poi a descrivere la comparsa della musica nei suoni, e cioè l’atto, attraverso cui l’immagine uditiva si trasfigura in immagine musicale. Questo passaggio all’atteggiamento immaginativo è possibile solo perché un’attività affettiva si ‘innesta’ sull’attività uditiva, dando così ai suoni esperiti una ‘imago’ che ha senso per la coscienza dell’uomo. La coscienza musicale dell’uomo dà un senso affettivo all’immagine musicale, formata da suoni che riflettono un percorso dell’esistenza del singolo: da un lato la coscienza uditiva identifica il suono, che è per essa una posizione della scala musicale, con una particella dell’esistenza dell’uomo; dall’altro lato i suoni uditi delimitano il percorso esistenziale della coscienza. Si instaura una particolare connessione tra suoni uditi e vita vissuta: i suoni uditi, che sono l’effettivo esperito dell’intimo, si inseriscono nell’esistenza umana e si pongono come delle pietre miliari del vissuto. La dicotomia tra mondo e intimo umano, tra astratto e vissuto si risolve nella coscienza dell’uomo. Qui coesistono due dimensioni esistenziali, e cioè la dimensione mentale e la dimensione psichica che corrispondono rispettivamente al “percorso percepito” e al “percorso dell’esistenza”. Nel momento in cui percepiamo il suono, si attiva un doppio percorso, mentale e psichico. La percezione si trasforma in riflessione mentale che è estroversa ed è legata al pensiero e all’astrazione, oppure in riflessione psichica che è introversa ed è legata all’affetto e al vissuto. Ma l’una e l’altra sono semplicemente due modi nei quali quest’unica struttura, che è quella del percepito del cervello, è vissuta come evento della coscienza.
3) “La musica dice sempre la stessa cosa […]. Essa dice sempre la stessa cosa perché non ha che un soggetto: l’uomo nella sua relazione affettiva con il mondo; perché non ha che un progetto fondamentale: essere a somiglianza di Dio; e perché non ha che un solo mezzo dialettico: il linguaggio tonale. Ma essa lo dice a proposito di cose infinitamente diverse, nelle situazioni affettive variabili all’infinito, e attraverso soggetti umani individuali. Ecco perché la sua attività creatrice può essere senza fine. Ma non può essere senza fine che nel suo condizionamento tonale e ritmico”.
Queste sono in estrema sintesi le linee guida del pensiero sulla musica di Ansermet. La musica trae origine dall’affettività umana, da quel fondo emozionale della persona che è impossibile spiegare esaurientemente a parole, e si esprime utilizzando quello che Ansermet indica come l’unico mezzo possibile, cioè il linguaggio tonale. Un ulteriore elemento, sottolineato da Ansermet, è la volontà dell’uomo di essere a somiglianza di Dio; questa convinzione deve essere ricollegata alla profonda religiosità di Ansermet che permea di sé, in maniera visibile o invisibile, tutto il suo pensiero. Il terzo elemento importante della citazione riguarda il “mezzo dialettico”: Ansermet è convinto che il sistema tonale è talmente radicato nella natura umana che, oltre ad esso, non possano esistere altri possibili ambiti di espressione. Enrico Fubini nota che il pensiero di Ernest Ansermet è “una delle più complete e intelligenti prese di posizione a favore della concezione armonico-tonale come unica possibilità della musica”.
Però malgrado questa chiarezza, non dobbiamo lasciarci ingannare: il mondo filosofico-musicale del Nostro è chiaro, cristallino e inequivocabile, solo se rimaniamo a un livello molto generale. L’autore ripropone costantemente il nucleo concettuale del suo pensiero sulla musica, lo rimaneggia, lo sfrangia e lo frantuma. Accenni e parti di esso sono presenti quasi ovunque. Ogni affermazione di Ansermet si riferisce a uno sfondo concettuale, basato su una Weltanschauung filosoficamente (o, se vogliamo, fenomenologicamente) ben elaborata, che, però, non è mai presentata nella sua totalità
4) La creatività nel pensiero di Ansermet è ovviamente considerata in una dimensione filosofico-individuale e rientra in una costellazione di concetti: talento, genialità, ispirazione, immaginazione, forma e stile ecc. Questi termini denotano degli ambiti che sembrano a prima vista ben distinti: in realtà molto spesso i confini di uno di essi si stemperano nei confini dell’altro. Nella creatività c’è il puro talento musicale del compositore, ma c’è anche la sua personalità che si estrinseca nello stile personale, nella forma originale e nelle modalità affettive, le quali si traducono in sentimento umano. Nella dimensione ‘prima’, che Ansermet definisce “riflessione pura”, il compositore si trova in rapporto diretto con l’immagine musicale e con le proprie possibilità immaginative. Per Ansermet la riflessione pura è quasi un riflesso condizionato. Il creatore entra in rapporto diretto con l’immagine musicale ed è egli stesso – come coscienza impulsiva di sé – implicato nell’atto espressivo. In questa riflessione pura dell’atto immaginativo può appoggiarsi solamente all’intuizione. Questo input, derivante dall’irriflesso, dal livello magmatico dell’affettività, che è parte della dimensione psichica, è integrato, trasceso e perfezionato da un’altra dimensione, e cioè dalla dimensione del pensiero, dell’astrazione (“riflessione seconda”). Questa duplicità di percorso – riflessione prima / riflessione seconda – è importante, poiché il creatore si trova costantemente in equilibrio tra i due poli dell’affettività e della astrazione: ed entrambi concorrono a formare l’opera d’arte.
La creatività esprime il musicista nella sua interezza, la sua vita affettiva. L’opera d’arte trasfigura, trascende ciò che è rappresentato e contiene tutto un mondo, un modo di essere al mondo. Il musicista, pur partendo dalla sua dimensione individuale, si allontana dalla sua effettiva situazione ed entra in un mondo di affettività spirituale e di valori assoluti.
5) Nella seconda parte del saggio Les fondaments l’autore tratta dell’evoluzione storica dai primordi sino alla contemporaneità. Analizzando, dunque, il percorso storico della musica, Ansermet individua all’inizio del nostro secolo tre “stati di fatto” che ritiene essenziali e che sono sintomatici di una crisi:
A) tutte le possibilità strutturali della lingua musicale (tonale) sono state scoperte
B) il musicista contemporaneo si trova a osservare la storia dal di fuori e ha, dunque, coscienza della propria relatività storica
C) i musicisti non conoscono più l’etimologia del sistema tonale, non conoscono, dunque, le radici e le fondamenta della lingua musicale.
I musicisti dell’avanguardia, impostasi subito dopo la seconda guerra mondiale, sono calati in questa realtà; hanno percorso tutto l’iter scolastico formativo e possono alla fine guardare alle strutture musicali dal di fuori, cioè creare partendo dalla riflessione secondaria, dal punto di vista teorico, e perciò impongono soprattutto teorie e modelli di sistemi. Per Ansermet, invece, la vera attività creativa deve comprendere sia la riflessione pura che quella secondaria: il musicista deve ritornare dalla riflessione all’affettività e in questo ritorno (in sé), deve trovare nelle strutture musicali il senso che queste hanno nella riflessione pura, cioè il loro senso musicale implicito e non invece le loro definizioni teoriche.
Ansermet conclude il suo saggio con queste parole:
La musica a venire non può essere che una libera messa in opera in uno stile personale delle possibilità di stile scoperte fino ad oggi: diatonismo, cromatismo, enarmonia, armonia tonale, politonalità, extra-tonalità passeggera, ritmica cadenzale del corso melodico.
Non ve ne sono altre.
Origine: Ansermet e la fenomenologia