Nei paesi del blocco socialista c’è una frequentazione della musica contemporanea che si è sedimentata sulla volontà dei regimi più o meno liberali di formare un proprio pubblico, diverso da quello dell’epoca precedente, e di promuovere artisti nuovi con ideali allineati alle nuove direttive. Nella transizione verso nuove forme di governo, però, l’attenzione alla musica contemporanea è sopravvissuta, lasciando in eredità un pubblico avvezzo ai concerti contemporanei con un gusto spesso anche avventuroso. Da questo punto di vista la Slovenia non fa eccezione. La presenza e il numero sempre crescente di compositori stimola diversi festival e concerti che non vengono quasi mai disertati dal pubblico, abituato ad ascoltare musica contemporanea sia alla radio nazionale (va notato che per una disposizione di legge la RTV Slovenija ha l’obbligo di mettere in onda almeno il 40% di produzione nazionale che è vista la storia della nazione prevalentemente contemporanea) che ai concerti dal vivo.
Subito oltre l’ex-confine tra Italia e Slovenia c’è la città di Koper (Capodistria) che ospita una scuola di musica molto frequentata, scuola che ha sede in uno dei palazzi storici cittadini. Proprio la scuola di musica con la collaborazione dell’Associazione degli amici della musica di Capodistria, ha dato l’avvio alcuni anni fa alla Biennale internazionale di musica contemporanea, giunta nelle scorse settimana alla terza edizione. In cinque giornate si sono susseguiti concerti, laboratori, installazioni e la finale del primo concorso di composizione. Se le installazioni hanno visto la collaborazione dei conservatori dell’Aja (con il coordinamento di Jakob Leben, diplomato della scuola di musica locale e diplomando del conservatorio olandese) e di Trieste (sotto la guida di Pietro Polotti), i concerti hanno proposto visioni diverse dai due ensemble a recital solistici. Si sono presentati ad un pubblico sempre numeroso la fisarmonicista, originaria della Serbia, ma attiva in Germania, Snežana Nešić, il flautista tedesco Michael Schmid (collaboratore di Ictus, gruppo tedesco molto importante per la muscia contemporanea). Entrambi gli artisti hanno presentato sia brani di repertorio per i loro due strumenti sia alcuni brani di autori sloveni. A concludere il ciclo dei concerti solistici il clarinettista Michele Marelli – ormai ben conosciuto al pubblico capodistriano, avendo tenuto già diversi concerti e laboratori – che ha presentato in teatro la prima esecuzione slovena della composizione di Stockhausen Harlekin mietendo vari minuti di applauso finale. Ad aprire e a concludere il festival due formazioni cameristiche l’ensemble Neofonia (formato dalla flautista Milena Lipovšek, dal clarinettista Jože Kotar, dai percussionisti Matevž Bajde e Franci Krevh, dalla pianista Nina Prešiček, dalla violinista Irina Kevorkova, dalla violista Katja Krajnik e dal violoncellista Igor Mitrović) che sotto la guida di uno dei più interessanti giovani direttori attivi in Slovenia l’americano Steven Loy, ha presentato una scelta di brani della scuola spettrale francese che in Slovenia è meno conosciuta.
A concludere la lunga maratona musicale il quintetto di fiati Slowind che già da molti anni stimola la creatività musicale slovena e internazionale proponendo ogni anno un ciclo di concerti nella capitale slovena Lubiana. Assieme alla pianista Tatjana Jercog i membri del quintetto (il flautista Aleš Kacjan, l’oboista Matej Šarc, il cornista Metod Tomac, il fagottista Paolo Calligaris e il clarinettista Jurij Jenko) hanno presentato nella serata finale sette brani, scelti per il concorso di composizione indetto dalla Biennale. Oltre ai membri del quintetto a formare la commissione giudicatrice il trombonista sloveno Vinko Globokar, il compositore triestino Fabio Nieder, la compositrice slovena Larisa Vrhunc e il direttore Steven Loy che ha anche diretto alcuni dei brani. Una scelta interessante dell’organizzazione del festival è stata quella di inserire in alcuni concerti i brani dei commissari del concorso. Il concerto finale del festival, che ha avuto un ottimo successo di pubblico, ha permesso ai sette compositori (Matej Bonin, Maura Capuzzo, Elena Cattini, Salvatore Frega, Nejc Kuhar, Michele Marelli e Petra Strahovnik) che in giornata hanno lavorato a stretto contatto con gli esecutori, di sentire le proprie creazioni e di vederle registrate dalla sede regionale Koper-Capodistria della radiotelevisione nazionale slovena. Alla fine anche il pubblico ha potuto esprimere il proprio apprezzamento non solo attraverso l’applauso, ma anche con una votazione scritta che ha premiato l’inventiva giovane compositrice Petra Strahovnik. Ulteriori riconoscimenti sono stati espressi per i brani di Matej Bonin e Michele Marelli che verranno inseriti nella programmazione del quintetto Slowind.
E fin qui la cronaca. Il pensiero critico che accompagna sia l’edizione precedente, quella del 2010, che questa edizione del festival è cosa in realtà caratterizzi un festival e lo renda diverso da un semplice ciclo di concerti. La riflessione è che se di festival si vuole parlare, allora le componenti da mettere in gioco non sono semplicemente i concerti. Un festival si caratterizza per una serie di spazi e momenti comuni di discussione, confronto, nuove conoscenze ma anche del semplice stare assieme che porta a quella particolare atmosfera che si crea intorno a quelli che sono i veri festival e che permette uno scambio vivo e attivo di idee e di esperienze. In mancanza di questa dimensione si può ancora parlare di festival?