Per gli appassionati di musica antica e di organaria sentir palare della grande dinastia degli Antegnati è come parlare ai violinisti e ai cultori della liuteria di Stradivari o Guarnieri. Dall’iniziatore della dinastia Bartolomeo Antegnati (la cui nascita viene fatta risalire al 1450 ca.) ci furono poi altre cinque generazioni di organari attivi sostanzialmente nel nord Italia tra le attuali regioni di Veneto, Lombardia ed Emilia. Quando nel 1993 nella Basilica Palatina di S. Barbara a Mantova iniziarono i sopralluoghi per il restauro non solo dell’edificio ma anche dell’organo, ivi presente, l’equipe formata da Flavio Dassenno, Damiano Rossi, Licia Mari e Umberto Forni, scoprì – non senza emozione – che si trattava di uno strumento costruito da Graziadio Antegnati, strumento che Oscar Mischiati aveva dato per perduto. L’organo, realizzato nel 1565 secondo le indicazioni di Girolamo Cavazzoni presentava una particolarità di raro interesse: 14 tasti in tutte le ottave ottenuti con la “spezzatura” di due cromatici (le coppie re#/mib e sol#/lab).
Il restauro, affidato alla Bottega Organaria Giorgio Carli, ha riportato lo strumento alla sua originaria strutturazione che era stata fortemente compromessa dai numerosi interventi susseguitisi nei secoli. Considerando che si trattava della chiesa di corte dei Gonzaga le mani che avevano toccato lo strumento in epoca antica erano mani musicalmente molto preparate, dai di maestri di cappella come il fiammingo de Wert, Benedetto Pallavicino, Gian Giacomo Gastoldi, Amante Franzoni sino alla lista degli autori che compaiono nel fondo musicale della cappella palatina (Contino, Gabrieli, di Lasso, de Monte, da Victoria, Asola, Baccusi, Massaini, Agazzari, Rovigo e Palestrina con le sue nove Messe Mantovane).
Stiamo parlando di un organo, dunque, che è radicato nella storia e che è esso stesso un elemento storico di altissimo valore. E proprio questo tipo di eredità sono quelle che rendono preziosa la storia culturale italiana, un’eredità che non è riproducibile altrove e che indissolubilmente legata alla storia del territorio, alla storia di Mantova, dei Gonzaga e alla loro corte. Ovviamente quest’eredità può essere estremamente ingombrante, tanto da paralizzare eventuali possibili proposte, ma può essere anche fonte di ispirazione. Com’è successo in questo caso: dopo che l’organo è stato inaugurato nel settembre 2006, una serie di concerti ha fatto riscoprire le sonorità dello strumento. E nell’ultimo anno un concorso di composizione organistica ha portato l’organo a contatto anche con la musica contemporanea. Umberto Forni, Damiano Rossi e Licia Mari, che curano la programmazione concertistica della chiesa, hanno dato vita ad un concorso di composizione organistica intitolato Premio Antegnati. Sabato 26 novembre si è svolta la finale del concorso, il cui regolamento ha richiesto che le composizioni fossero interamente originali, mai pubblicate o eseguite, dovessero utilizzare materiale tematico tratto dall’inno Exultet celebres, legato alla festa di S. Barbara e riportato nell’Innario conservato nell’archivio della basilica palatina.
La commissione del concorso, formata da Michael Radulescu, Sonia Bo, Alessio Corti, Adriano Guarnieri e Francesco Tassini, e un numeroso pubblico ha potuto seguire i sei brani entrati in finale; il pubblico con un programma stampato, in cui c’erano sia i nomi dei compositori che i nomi dei brani, la commissione, invece, solo con i nomi dei brani, avendo già prima ricevuto le partiture e dato una scremature dei lavori pervenuti. In ordine di esecuzione i brani finalisti sono stati: Hymnus di Claudio Cristani (eseguito da Federico Franzoni), Lumen de Lumine di Massimo Berzolla (eseguito da Enrico Viccardi), Toccata di Riccardo Caleffi (eseguito da Michele Mazzocchi), Toccata per l’Elevazione e Ricercare ‘dell’estasi e del dolore di Santa Barbara’ di Michael Romio (eseguito dall’autore), Di frammenti sparsi, memorie colori: tre quadri di Maura Capuzzo (eseguito da Marco Vincenzi) e Exultet celebres di Luca Pettinato (eseguito da Federico Franzoni). All’ascolto i brani si sono presentati molto diversi tra loro, diversità data dalle precedenti esperienze e anche dall’anzianità, per così dire, di servizio. Dall’uso effettistico dello strumento, dalla reiterazione ritmica, dalla ricerca estrema delle dissonanze sino a reminiscenze hindemithiane: ciò che si è sentito ha dato una prima idea di come si possa oggi scrivere per organo, e soprattutto come si possa approcciare uno strumento che non ha il temperamento equabile, ma quello mesotonico. Anche se dopo la proclamazione dei vincitori Michael Radulescu, personalità eminente del mondo organistico internazionale, ha detto che nessuno dei brani aveva pienamente utilizzato le peculiarità dello strumento a disposizione. Ed è probabilmente questo il motivo di un primo premio non assegnato. Sono stati assegnati due secondi premi a Cristani e alla Capuzzo, mentre il terzo premio è andato a Riccardo Caleffi. Visto l’entusiasmo del pubblico, ma soprattutto della commissione, c’è l’intenzione di continuare con la seconda edizione del premio, finanziamenti permettendo!