Tra la fine del XIX° e gli inizi del XX° secolo Trieste è stata una città risuonante di musica, tanto che Cesare Barison la definisce “città musicalissima“, una città che ha dato al suo pubblico diversi protagonisti, una città che ha così prodotto un milieu culturale di musica cameristica, su e in cui è nato il famoso Trio di Trieste.
Ma prima dell’ensemble triestino più famoso, ci sono stati due importanti quartetti d’archi che hanno lastricato la vita cittadina cameristica: il Quartetto Heller, fondato e diretto dal violinista boemo Julius Heller e il Quartetto Triestino, di cui è stato primo violino Avgust Jankovič (Augusto Iancovich).
Figlio del cornista Stefano Jankovič, trasferitosi da Istanbul a Trieste, Avgust Jankovič è stato un musicista di grande talento, intuito musicale e maestria tecnica, allievo di Alberto Castelli (1851-1912), che è stato il secondo violino del quartetto di Heller. Si intravvede così una linea di ascendenza musicale ben definita.
Nato sotto gli auspici del suo mentore Alberto Castelli, il Quartetto di Jankovič si qualificò come Triestino nel 1903, ma i suoi esordi risalgono a prima, si sa di un concerto nella Sala Schiller di Trieste nel 1900. La formazione originale comprendeva, oltre a Jankovič, Giuseppe Viezzoli, Eugenio Ballarini e Arturo Cuccoli, rimpiazzati questi ultimi due nel tempo da Manlio Dudovich, Augusto Fabbri e Dino Baraldi.
Tra il 1900 e il 1901 nella vita musicale cittadina venne a mancare la forza organizzativa e musicale di Heller, lasciando nella cultura una grande lacuna che venne così colmata dal nuovo quartetto, a cui si unì il pianista Eusebio Curreli (Currel(l)ich), con cui Jankovič aveva formato un duo ben conosciuto a Trieste e anche fuori dalle mura cittadine.
Durante e dopo la Prima guerra mondiale il Quartetto Triestino si produsse in numerosi concerti e durante la guerra Jankovič venne invitato a suonare come spalla alla Konzerthaus di Vienna.
Dopo la guerra divenne spalla nell’Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, già prima insegnava al conservatorio giuliano, avendo tra gli allievi – oltre a suo figlio Paolo/Pavel che è stato anche lui un violinista di fama – numerosi sloveni.
Tra gli aneddoti che si raccontano, c’è quello che lo vede, nel Ventennio, chiamato a Roma come spalla al Teatro dell’Opera, ma – visti gli anni – si voleva italianizzare il suo cognome in Gianni o Giovannini. Il suo rifiuto fu così netto che l’intento venne abbandonato e Jankovič mantenne orgogliosamente il suo cognome.
Nell’articolo che ho scritto nel 2016 su invito del Schönberg center di Vienna – che ha come tema la ricezione della scuola di Schönberg – c’è anche un accenno al Quartetto triestino che ha presentato per la prima volta a Trieste la Verklärte nacht.
Sul Quartetto Triestino è uscita alcuni anni fa un poderoso volume a più mani a cura di Massimo Favento.
Per ulteriori infomazioni ecco l’articolo pubblicato su Il Piccololibri, inserto del sabato del quotidiano Il Piccolo.