Tra le numerose personalità che hanno segnato la cultura triestina e regionale nella seconda metà del XX° e nei primi decenni del XXI° secolo, Pavle Merkù si staglia come un gigante per la sua unicità: un compositore, ma anche un ricercatore e un intellettuale, figlio legittimo del grande lascito culturale della Trieste mitteleuropea.C
Per me è stato ed è ancora un esempio da seguire, sin da quando – presidente della commissione per il conferimento del premio Tone Tončič – ha voluto premiare la mia tesi sulla filosofia della musica di Pierre Boulez, dicendomi molto chiaramente (una caratteristica questa del suo carattere aspro, severo) che lui non ama particolarmente l’estetica musicale, perché la ritiene poco concreta. Malgrado ciò ha apprezzato la mia tesi di laurea tanto, da conferirmi il primo premio.
E’ iniziata così una lunga frequentazione che è stata per necessità saltuaria, ma continuativa che mi ha arricchito umanamente ed artisticamente.
A onor del vero, avevo incontrato Merkù indirettamente, attraverso le sue composizioni, quando con il Coro giovanile della Glasbena Matica di Trieste, avevamo cantato i suoi Canti popolari infantili degli Sloveni in Italia.
Dopo il suo addio alle cose terrene, nelle mie attuali ricerche ho spesso ripreso in mano le sue ricerche musicologiche che hanno spesso riscoperto musicisti dimenticati, ma di grande valore (come Ivan Grbec, Joško Jakončič, Marij Kogoj). Su Kogoj si veda anche l’articolo a questo link:
Come ha voluto (auto)definirsi molti anni fa, Merkù è stato una personalità ‘sferica’, indicando con ciò i suoi molteplici interessi, alcuni dei quali esulavano dalla musica, come le sue ricerche linguistiche e storiche.
Ecco l’approfondimento dall’inserto del sabato de Il Piccolo.
Nel 2014 avevo curato una lunga puntata monografica in sloveno su Pavle Merkù che si può risentire da questo link all’interno del quale ci sono molti ascolti.